“Didascalia” e/o Terminologie comuni” usati in GENETICA

ALBINISMO – L’albinismo è un’anomalia ereditaria piuttosto rara che consiste nell’incapacità di produrre melanina, il pigmento delle piume, dei peli, della pelle e dell’iride degli occhi. Si deve ad una combinazione di alleli recessivi che determinano una scarsa produzione dell’enzima tirosinasi, necessaria per la sintesi della melanina.

ALLELE – Differente forma alternativa di un gene, responsabile di forme alternative di uno stesso carattere. Poiché ogni individuo ha due copie di ogni gene, una ereditata dal padre e l’altra dalla madre, per ogni gene può avere due alleli uguali (omozigote) o diversi (eterozigote). I maschi hanno una sola copia di alcuni geni localizzati nei cromosomi sessuali.

ANCESTRALE – In termini ornitologici, viene indicato con questa parola, la forma primordiale di una determinata specie , cioè sono quei caratteri che si suppone si trovano negli antenati di un uccello, senza che con gli anni si sia succeduta una mutazione.

AUTOSOMICO – Si riferisce agli autosomi, cioè a quei cromosomi che non partecipano alla determinazione del sesso. E’ l’opposto di “sesso-legato”, quindi indica un carattere non legato al sesso dell’individuo.

CELLULA – Unità strutturale e funzionale dell’organismo

CLOACA – Tratto terminale dell’intestino degli Uccelli, in cui sboccano i condotti degli apparati urinario e genitale

CODOMINANTE – In caso di co-dominanza, un individuo eterozigote manifesta i fenotipi di entrambi i caratteri (quello recessivo e quello dominante).

CONSANGUINEITA’ – Relazione genetica tra due soggetti dovuta al fatto di avere un antenato comune nelle 2-3 generazioni precedenti

CROMOSOMA – Corpuscoli a forma di bastoncino contenuti nel nucleo delle cellule e ben visibili durante la fase della divisione cellulare. Costituiti da un lungo filamento di DNA, sono presenti in numero costante per ogni specie. Ciascun cromosoma contiene le informazioni ereditarie da trasmettere alla prole.

CROMOSOMI SESSUALI – Sono quelli che determinano il sesso di un individuo. La femmina possiede 2 cromosomi X (XX) e il maschio possiede 1 cromosoma X e 1 cromosoma Y (XY).

CROMOSOMA X – Cromosoma sessuale femminile presente in doppia copia nella femmina e singola copia nel maschio.

CROMOSOMA Y – Cromosoma sessuale maschile.

CROMOSOMI OMOLOGHI – coppia di cromosomi dello stesso tipo che derivano uno dal padre ed uno dalla madre, che hanno gli stessi geni ma che possono avere alleli diversi.

CROSSING-OVER – Scambio di parti di cromatidi fra cromosomi omologhi durante la riproduzione cellulare.

COPULA – Indica la fase delll’accoppiamento.

DIMORFISMO SESSUALE – Sta ad indicare le differenze morfologiche tra il maschio e la femmina di una determinata spece, distinguibili d’aspetto, disegno, colore.

DOMINANZA – Fenotipo dettato da uno solo degli alleli.

EREDITARIETA’ – Trasmissione dei caratteri genetici dai genitori ai figli.

ETEROZIGOTE – Possedere due copie diverse, cioè due diversi alleli di uno stesso gene sui cromosomi omologhi (di una stessa coppia)

EUMELANINA – Massima espressione è data dal colore nero, ma può anche essere marrone o blu (ai nostri occhi grigio). E’ prodotta da un ulteriore addensamento dei granuli, la pigmentazione tanto più scura quanto più grossi e addensati sono i granuli.

FENOTIPO – Tutto ciò che costituisce l’aspetto esterno di un organismo, per quanto riguarda la sua struttura e le sue funzioni. Il fenotipo è il risultato dell’interazione tra il genotipo e l’ambiente. Con fenotipo si può intendere anche l’ espressione specifica di un gene

FEOMELANINA – E’ un pigmento costituito da granuli di forma sferoidale con colorazione che varia dal crema pallido al giallo, al fulvo, fino a giungere al mogano intenso. Assorbe le radiazioni UV, ma la protezione che conferisce alla pelle è di circa 1000 volte inferiore rispetto quella della eumelanina

GAMETI – Sono le cellule germinali maschili e femminili

GENE – Un segmento di DNA che contribuisce ad una funzione o ad un fenotipo. Ciascun gene è situato in una definita posizione (locus) di un particolare cromosoma. I geni sono disposti sui cromosomi linearmente. Essi provengono metà dalla madre e metà dal padre

GENETICA – Scienza biologica che studia la trasmissione dei caratteri ereditari fra le generazioni e le modalità con cui tali caratteri si manifestano nell’individuo. Studia poi la natura dei cromosomi e dei geni e la modalità con cui questi esercitano la loro azione sull’individuo.

GENE DOMINANTE – Esprime il carattere più forte, cioè quello che determina sempre l’ espressione di un carattere e che avrà il sopravvento nel manifestarsi fisicamente nell’individuo.

GENE RECESSIVO – Esprime il carattere che anche se c’è non appare perché coperto dal dominante Determina un carattere solo quando non sia presente contemporaneamente un gene omologo dominante

GENETICA – Disciplina della biologia che studia le leggi dell’ ereditarietà degli organismi; la variabilità dei caratteri in una popolazione; l’ evoluzione dei caratteri ereditari e la dinamica della trasmissione dei caratteri durante la riproduzione.

GENOMA – Tutta la serie di informazioni contenute nel DNA di un individuo

GENOTIPO – Costituzione genetica di un individuo. Dall’interazione tra genotipo e l’ambiente scaturisce il fenotipo

GROPPONE – Corrisponde alla parte del dorso più vicina alla coda degli uccelli.

IBRIDO – Unione di razze diverse tra di loro es.(cardellino x canarino)

ININCROCIO – Unione tra consanguinei, es.(cardellino x cardellino)

INFEZIONE – Presenza di microorganismi (virus, batteri ecc.) in un organo o tessuto. Molte zone dell’organismo sono normalmente infette( bocca, pelle ecc.); l’infezione diventa malattia solo quando l’organismo non riesce a tenere a freno questi microorganismi per cause molto numerose

LIPOCROMO – E’ un pigmento grasso che proporziona il colore di fondo al piumaggio di tutti le razze di uccelli, gli uccelli che presentano un colore di fondo e con disegno totalmente assente, sono detti lipocromici.

LOCUS – Posizione di un gene sulla mappa genetica, cioe’ specifica posizione o localizzazione su un cromosoma.

MELANINA – Pigmento bruno scuro, granulare, della pelle e degli annessi cutanei, che ne determina il colore.

MUTA – È il periodo particolarmente delicato in cui cadono le vecchie penne alle quali si sostituiscono le nuove gradualmente. In alcune specie di uccelli la muta avviene una sola volta all’anno, in generale nel periodo autunnale ed è detta (muta semplice). Altre cambiano le penne due volte, in autunno ed in primavera, (muta doppia), che si può distinguere in totale o parziale a seconda che il processo interessi tutti i tessuti o solo parte di essi. Può avvenire un cambiamento di penne durante il periodo della cova, (muta regressiva), caso che si verifica soprattutto negli anatidi.

Quando cadono solo i margini delle penne aumentandone la lucentezza si ha la cosiddetta (muta abrasiva)

Quando le mute annuali sono più di due, come nel caso della pernice bianca, si parla allora di (mute addizionali)

MUTAZIONE – In genetica indica un cambiamento microscopico a livello di una base del DNA, che determina la sostituzione di un aminoacido con un altro nella proteina prodotta dal gene mutato.

OMOZIGOTE – Individuo che ha sui due cromosomi omologhi due copie identiche dello stesso gene.

OVIDOTTO – Canale attraverso il quale le uova sono condotte dall’ovaia all’esterno.

PIGOSTILO – estremità ricurva della colonna vertebrale, costituita dalla fusione delle ultime cinque o sei vertebre e avente la funzione di sostegno delle penne timoniere.

PROFILASSI – Significa prevenzione: può essere effettuata con farmaci, vaccini, misure non farmacologiche ecc.

PROTEINA – Sostanza costituita da aminoacidi

RECESSIVO – Carattere genetico che si esprime a livello di fenotipo solo in caso sia presente in doppia copia

SESSOLEGATO – significa che un dato carattere è legato al sesso dell’individuo. E’ l’opposto di “autosomico”.

URIPIGO – Piccola ghiandola adiposa e prominente, situata all’estremità posteriore del corpo degli Uccelli, sotto la coda . Secerne un liquido oleoso che viene prelevato con il becco e spalmato sulle penne per renderle impermeabili. È particolarmente sviluppata nelle specie acquatiche

CHE COS’E’ LA GENETICA

La genetica è quella branca delle scienze biologiche che studia le problematiche relative all’eredità, alla variabilità ed all’evoluzione e le leggi che le governano. Anche l’origine greca della parola (da Viseneg: generazione, origine) ne conferma, del resto, il significato. Nel campo dell’allevamento degli Agapornis (così come per altri uccelli) viene applicata, in particolare, per comprendere la trasmissione dei caratteri relativi al colore del piumaggio. Altri caratteri (conformazione, taglia, malformazioni, predisposizione o resistenza a talune patologie, ecc.) vengono trasmessi invece per via ereditaria alla discendenza e sono, quindi, oggetto di studi genetici. Spesso gli allevatori ritengono tale scienza troppo “difficile” da comprendere, considerando la genetica un campo di competenza strettamente “scientifica”; al contrario la comprensione della trasmissione dei caratteri ereditari permette di accoppiare al meglio i propri soggetti e di ottenere migliori risultati riproduttivi ed espositivi.

Il Gene ed i Cromosomi

Il gene è l’unità fondamentale in genetica e corrisponde ad un segmento di DNA (acido desossiribonucleico – conosciuto anche con il termine convenzionale di “doppia elica”) responsabile di un carattere. Spesso più di un gene contribuisce alla determinazione di uno stesso carattere; in altri casi un solo gene è in grado di determinare più caratteri.  L’insieme dei geni presenti in un organismo è chiamato genoma. I geni (indicati convenzionalmente con le lettere maiuscole dell’alfabeto) non sono disposti a caso nella cellula, ma organizzati in strutture chiamate cromosomi situati nel nucleo della cellula. Il posto che il gene responsabile di un certo carattere occupa nel cromosoma è chiamato locus; in ogni cromosoma ci sono migliaia di loci ed ogni specie animale o vegetale possiede un determinato numero di cromosomi (46 nell’uomo, 80 negli uccelli), organizzati a coppie (23 nell’uomo, 40 negli uccelli).

L’insieme dei cromosomi (indicati con numeri progressivi) di un individuo è chiamato cariotipo. Ogni cellula dell’organismo possiede, quindi, un numero uguale di coppie di cromosomi (numero diploide); fanno eccezione le cellule germinali (ovulo e spermatozoo) che, possedendo un solo cromosoma e non una coppia, esse sono chiamate aploidi.

Questa condizione è essenziale poiché con l’unione di ovulo e spermatozoo viene ricostituita la condizione diploide nello zigote, che darà origine al nuovo individuo, costituito da metà patrimonio genetico d’origine paterna e metà materna.

Nei rari casi in cui, per difetti occorsi durante la divisione cellulare (meiosi),  le cellule germinali possiedano una o più coppie di cromosomi può accadere che lo zigote (e quindi il nascituro) abbia un numero anomalo (ad esempio 3) di cromosomi in quella che dovrebbe essere una coppia. Tale anomalia (poliploidia) determina spesso gravi malformazioni ed è alla base, ad esempio, della sindrome di Down in campo umano (vi sono infatti 3 cromosomi nella coppia 21). Sindromi simili sono descritte anche negli animali.

 LA TRASMISSIONE DEI CARATTERI EREDITARI

Ogni coppia è costituita da due cromosomi omologhi, originati da ciascuno dei due genitori, che determinano, quindi, lo stesso gruppo di caratteri. Di conseguenza anche ciascun gene avrà un suo omologo situato sull’altro cromosoma della stessa coppia; i due geni omologhi vengono chiamati alleli ed entrambi regoleranno lo stesso carattere. Talora può accadere che uno dei due alleli subisca un’alterazione e non sia in grado di regolare il carattere nel modo usuale; tale “errore” è alla base di ciò che viene chiamata mutazione
e può avvenire spontaneamente od in seguito a stimoli esterni (chimici o fisici) durante la produzione delle cellule germinali. La mutazione può riguardare il colore del piumaggio, la forma del becco, la lunghezza di un osso, ecc. Perché la mutazione si renda
palese è necessario, generalmente, che il gene mutato sia presente in doppia copia, cioè la mutazione deve essere presente in entrambi gli alleli. In caso contrario la mutazione non si manifesterà perché il gene non mutato (ancestrale) continuerà a regolare la manifestazione del carattere in modo usuale, svolgendo un’azione “dominante
sull’allele mutato che sarà considerato, quindi, recessivo.

La costituzione genetica dell’individuo è chiamata genotipo, mentre le manifestazioni esterne dei caratteri vengono indicate col termine fenotipo.

Un piccolo esempio chiarirà il concetto. Consideriamo che in un pappagallo il colore verde (il gene che regola il colore del piumaggio indichiamolo con la lettera A maiuscola) sia quello dominante in quanto tipico di quella specie allo stato selvatico, mentre il colore blu rappresenti la mutazione (indichiamo con la lettera a minuscola, l’allele responsabile della mutazione).

Nel genotipo del soggetto ancestrale (verde) la coppia di alleli sarà: AA, mentre nel soggetto mutato (blu) sarà: aa.

Il primo soggetto produrrà cellule germinali contenenti tutte l’allele A in singola copia, mentre tutte le cellule germinali del secondo individuo avranno l’allele a.
Dall’accoppiamento dei due soggetti si otterranno esclusivamente figli di colore verde, come mostra lo schema seguente:

Soggetto 1

Soggetto 2

Prole 100%

AA

aa

Aa

Anche se il genotipo dei nuovi nati è costituito sia dall’allele mutato che da quello ancestrale (Aa) quest’ultimo svolge azione dominante impedendo la manifestazione dell’allele a. I figli (indicati come F1) avranno tutti il fenotipo uguale al genitore ancestrale (verde), ma il genotipo differente in quanto possiederanno l’allele recessivo trasmesso dal genitore mutato (blu). Soggetti che presentano nel genotipo due alleli differenti dello stesso gene sono chiamati eterozigoti, al contrario degli individui che, possedendo alleli uguali dello stesso gene, vengono chiamati omozigoti. I nuovi nati saranno dunque portatori del carattere mutato ed in grado di trasmetterlo alla generazione seguente.

Gli F1, infatti, producono due tipi di cellule germinali, uno con l’allele A ed un altro con l’allele a.

Dall’accoppiamento degli F1 si otterranno quindi le seguenti combinazioni nei figli:

Soggetto 1

Soggetto 2

Prole 25%

Prole 50%

Prole 25%

Aa

Aa

AA

Aa

aa

Per un calcolo di probabilità dall’accoppiamento di F1 con fenotipo ancestrale, ma con genotipo eterozigote, ci si può aspettare, quindi, un 25% di figli ancestrali (AA), un 50% di ancestrali portatori della mutazione (Aa) ed un 25% di soggetti mutati (aa). Avremo, quindi, la presenza di due diversi fenotipi (verde e blu nel rapporto di 3:1) con tre genotipi differenti. Queste regole sono alla base della prima legge di Mendel.

Nel caso in cui si considerino due o più caratteri differenti ciascun allele si comporta secondo le regole precedenti, indipendentemente dagli altri. Di conseguenza le combinazioni possibili sono direttamente proporzionali al numero di varianti considerate, seconda legge di Mendel.

Nella genetica dei colori degli inseparabili non sempre le cose vanno in modo così lineare a causa delle frequenti interazioni esistenti tra più geni nel determinare il colore. Esistono, inoltre, casi in cui in condizione di eterozigoti nessuno degli alleli domina sull’altro (dominanza incompleta o codominanza) per cui il risultato fenotipico appare intermedio tra i due colori. Negli Agapornis, inoltre, può accadere che più alleli siano situati nel locus (poliallelia), così come può avvenire che un gene influenzi l’espressione di un altro gene non allele (epistasi).
CROMOSOMI SESSUALI ED EREDITARIETA’ LEGATA AL SESSO

Una delle coppie di cromosomi è in grado di determinare il sesso ed è differente, quindi, nel maschio e nella femmina. Negli uccelli, contrariamente a ciò che avviene nei mammiferi, è il sesso maschile che possiede una coppia di cromosomi sessuali uguali (sesso omogametico) indicati con ZZ. Le femmine, al contrario, possiedono due cromosomi sessuali differenti (sesso eterogametico) che vengono indicati con ZW. Il cromosoma W femminile, negli uccelli, è in grado, quindi, di determinare il sesso nei nascituri a seconda della sua distribuzione alla progenie. I cromosomi sessuali (detti anche eterosomi), tuttavia, non “servono” unicamente a determinare il sesso, ma contengono geni in grado di determinare numerosi altri caratteri, colore del piumaggio compreso.

I caratteri ereditari presenti sui cromosomi somatici (o autosomi) sono detti caratteri autosomici; al contrario quelli situati sui cromosomi sessuali vengono chiamati caratteri eterosomici o legati al sesso. I due cromosomi sessuali (Z e W) presentano caratteristiche differenti, in quanto il cromosoma W, come detto presente solo nelle femmina, contiene talmente poche informazioni genetiche da permettere sempre la manifestazione dei caratteri presenti sul suo allele Z. Se un carattere legato al sesso (e presente, quindi, sul cromosoma Z) è recessivo si manifesta nel maschio solo in condizione di omozigosi (quindi entrambi i cromosomi Z devono possedere la mutazione), mentre nella femmina è sufficiente che sia presente sull’unico cromosoma Z. Consideriamo, ad esempio, la mutazione Cinnamon nell’Agapornis personata, carattere recessivo legato al sesso.

Caso 1: Maschio Cinnamon (zz) X Femmina ancestrale (ZW):

Maschio

Femmina

Maschi 50%

Femmine 50%

zz

ZW

Zz

zW

Risultato: 50% Maschi ancestrali portatori di Cinnamon (Zz); 50% Femmine Cinnamon (zW).
Caso 2:

Maschio ancestrale (ZZ) X Femmina Cinnamon (zW):

Maschio

Femmina

Maschi 50%

Femmine 50%

ZZ

zW

Zz

ZW

Risultato: 50% Maschi ancestrali portatori di Cinnamon (Zz); 50% Femmine ancestrali (ZW).

Caso  3:

Maschio ancestrale portatore di Cinnamon (Zz) X Femmina ancestrale (ZW):

Maschio

Femmina

Maschi25%

Maschi25%

Femmine 25%

Femmine 25%

Zz

ZW

ZZ

Zz

ZW

zW

Risultato: 25% Maschi ancestrali (ZZ); 25% Maschi ancestrali portatori di Cinnamon (Zz);
25% Femmine ancestrali (ZW); 25% Femmine Cinnamon (zW).

Caso 4:

Maschio ancestrale portatore di Cinnamon (Zz) X Femmina Cinnamon (zW):

Maschio

Femmina

Maschi 25%

Maschi 25%

Femmine 25%

Femmine 25%

Zz

zW

zz

Zz

ZW

zW

Risultato: 25% Maschi Cinnamon (zz); 25% Maschi ancestrali portatori di Cinnamon (Zz);
25% Femmine ancestrali (ZW); 25% Femmine Cinnamon (zW).

Se ne deduce, quindi, che le femmine possono risultare ancestrali o mutate e mai, a differenza dei maschi, portatrici di un carattere ereditario recessivo legato al sesso.

GENI LETALI

Alcuni caratteri, se presenti in omozigosi, possono determinare l’arresto dello sviluppo embrionale o la mortalità dei neonati nei primi giorni di vita. Tali caratteri possono essere autosomici o legati al sesso ed, ovviamente, in quest’ultimo caso sono le femmine a subirne le maggiori conseguenze. Sebbene non siano stati eseguiti sufficienti studi sull’argomento sembra che il fattore “Ino” nei  roseicollis (carattere legato al sesso) e nei personata(carattere autosomico) ne sia un esempio. In genere ci si accorge della presenza di possibili geni letali tra i propri riproduttori quando alcuni fenotipi attesi non appaiono nella discendenza o nel caso in cui aumenta sensibilmente il numero di mortalità embrionale e neonatale. E’ da tenere presente, tuttavia, che altre condizioni (in particolare varie malattie infettive) possono determinare la morte di embrioni e nidiacei ed un’accurata diagnosi differenziale andrebbe sempre eseguita.

 *Gino Conzo è nato e vive a Napoli. Laureato in Medicina veterinaria, è specializzato in patologia aviare. Ha conseguito una notevole esperienza, tra l’altro, nel sessaggio chirurgico degli uccelli (ha sinora sessato con questo metodo circa 20.000 soggetti, in gran parte pappagalli di cui tantissimi Agapornis, ma anche maine, tucani, tordi, allodole ed altri insettivori). Fa parte della Commissione Tecnico-scientifica del Club Italiano Allevatori Agapornis.

L’ apparato riproduttivo

L’ apparato riproduttivo femminile degli uccelli si è evoluto nel tempo in una struttura complessa, che si ritrova solo negli uccelli. Il processo di formazione e deposizione di un uovo è una delle meraviglie della natura. Proprio come molti altri animali, la femmina di uccello inizia la vita con due ovaie e due ovidotti. Nella maggioranza delle specie di uccelli, l’ovaia e l’ovidotto sinistro crescono più rapidamente del destro. Quest’ultimi regrediscono, lasciando spazio solo all’ovaia e all’ovidotto sinistro. Alcuni scienziati credono che questo fenomeno sia dovuto ad un adattamento degli uccelli per ridurre il peso, al fine di permetterne il volo.

Alla nascita, l’ovaio sinistro contiene tutte le cellule uovo che cresceranno fino a svilupparsi una volta che la femmina raggiunge l’età riproduttiva. Le femmine degli uccelli possono essere di tipo determinate o indeterminate deponitrici di uova. Deponitrici determinati sono quegli femmine di  uccelli che depongono un determinato numero di uova – come corvi o pappagallini ondulati. Deponitrici indeterminate – come i pappagalli – sono quelli femmine di uccelli che in caso di perdita rottura o altro delle proprie uova, iniziano nuovamente il processo di deposizione e pertanto possono rapidamente rimpiazzare qualsiasi uovo perduto. Gli allevatori utilizzano questo prerogative delle femmine deponitrici indeterminate rimovendo le loro uova e incubandole artificialmente, incoraggiando così la femmina ad una ulteriore e maggiore deposizione. L’apparato riproduttivo femminile è diviso in più parti. Un uovo impiega circa 25 ore per raggiuingere il grado di maturazione fino alla sua deposizione. La prima parte del tratto riproduttivo femminile è l’ infundibulo. Esso consiste in:

a) un funicolo che cattura la cellula uovo,

b) una regione tubulare conosciuta come regione infundibolare (chalaziferous).

Gli spermatozoi fecondano l’uovo nella porzione a imbuto dell’ovidotto sinistro. In ogni caso, una femmina può deporre uova anche se non c’è stato accoppiamento per fecondarle. Le uova poi passano nella regione infundibolare. Qui uno strato di albume, conosciuto come strato infundibolare e la fibrilla (chalazia) che sospende il tuorlo, sono secrete dalle ghiandole della regione tubulare. L’uovo rimane nella prima parte del tratto riproduttivo per 15 minuti. La seconda parte dell’ovidotto è denominato magnum ed è la più lunga e arrotolata porzione dell’ovidotto. Ha pareti molto ispessite e contiene molte ghiandole tubulari che secernono albume, sodio, magnesio e calcio. L’uovo rimane nel magnum per 3 ore. L’istmo è la porzione corta dell’ovidotto. Durante i 75 minuti nei quali l’uovo rimane nell’istmo, si formano la membrana interna ed esterna del guscio che lo delimitano e inizia il processo di calcificazione. L’utero o ghiandola del guscio è il luogo in cui l’uovo rimane più a lungo – da 20 a 26 ore. Il guscio dell’uovo è secreto qui e inizia l’accrescimento (plumping). L’accrescimento è la rapida aggiunta di soluzioni acquose all’uovo, il che raddoppia il peso dell’albume. La parte finale del tratto riproduttivo femminile è la vagina. L’uovo passa attraverso questa porzione quando viene deposto. Gli spermatozoi vengono conservati in ghiandole specializzate chiamate ghiandole ospitanti. Esse sono localizzate nello sfintere vaginale. Li sostano gli spermatozoi per alcuni giorni. Gli spermatozoi viaggiano fino all’ infundibulo per fecondare l’uovo.

La maggioranza degli psittacidi (pappagalli) depone le uova ogni 2 giorni, mentre i passeriformi, canarini, cardellini e polli, solitamente depongono un uovo ogni 24 ore durante il loro ciclo di deposizione. L’ovaio è completamente sotto il controllo ormonale. Negli uccelli, che depongono le uova con cicli stagionali, l’ovaio sinistro effettua tre fasi di sviluppo. Durante la prima fase, denominata accelerazione prenunziale, l’ovaio aumenta di volume. Nella seconda fase, denominata fase del culmine, avviene l’ovulazione e la deposizione. La terza fase è denominata periodo refrattario, nella quale l’ovaio regredisce di dimensioni fino alla successiva deposizione. Durante gli stadi iniziali o finali della deposizione delle uova, l’infundibulo può fallire la cattura della cellula oculata e essa può entrare in cavità addominale. Questo fenomeno viene denominato “deposizione interna”. In questo caso l’uovo può venir riassorbito o può portare a un processo infiammatorio dell’ovidotto, chiamato peritonite del tuorlo d’ uovo.

LE MUTAZIONI IN NATURA

Spesso ho avuto occasione di ascoltare allevatori ed altri appassionati che avevano un po’ di confusione su come appaiono le mutazioni. Premettiamo che la mutazione non è un evento che avviene nel tempo. Alcuni pensano ancora che per arrivare ad ottenere ad esempio un Diamante mandarino Grigio petto nero, si siano dovuti aspettare molti anni. La mutazione è in realtà comparsa all’improvviso per un errore di duplicazione del DNA durante la sottofase S del ciclo cellulare, oppure per altri eventi che possono essere, per esempio, una delezione o un’inserzione (solitamente in fasi meiotiche durante la ricombinazione genetica, crossing-over), o ancora una trasposizione od un’inversione di frammenti di DNA. E’ poi compito dell’allevatore fissare la mutazione e migliorarla nel tempo lavorando magari sulla selezione anche di geni quantitativi, regolatori, ecc., allo scopo di ottenere vantaggi, estetici o commerciali.

La mutazioni che spesso interessano i nostri animali sono solitamente del tipo genico, e cioè interessano un solo gene, quindi una piccola porzione di DNA. Il gene è costituito da più basi azotate che sono indicate, nelle rappresentazioni degli acidi nucleici, con le lettere A, T, C, G, U (quest’ultima nell’RNA). Si ha una mutazione, generalmente, quando viene sostituita una di queste basi azotate con un’altra, modificando così la sintesi proteica controllata da quel specifico gene (è sufficiente la modificazione di un singolo aminoacido di una proteina a variarne la struttura tridimensionale di questa).  Arrivati a questo punto dobbiamo chiederci come avvenga una mutazione. Il fenomeno è apparentemente casuale e raro. Si calcola che la frequenza di comparsa delle mutazioni, ad esempio nel Moscerino della frutta (Drosophila melanogaster), sia compreso tra 1:100.000 ed 1:1.000.000. Le mutazioni sono generalmente indotte da alcuni fattori ambientali come le radiazioni elettromagnetiche, radiazioni ultraviolette, particolari sostanze chimiche. etc. Una delle domande che i biologi si pongono è se la mutazione sia veramente casuale o invece “direzionata” per un adattamento specifico in un determinato ambiente. Dato però che le mutazioni che avvengono allo stato selvatico possono produrre soggetti nettamente svantaggiati rispetto agli altri, è pensabile che non sia così. Si potrebbe pensare che sia come tirare i dadi.

Successivamente, gli elementi vantaggiosi casualmente apparsi vengono mantenuti attraverso la selezione naturale. La mutazione appare quindi improvvisamente ed é un evento ben determinato nel tempo. Essa consiste quindi in una variazione della costituzione chimico-fisica del DNA. Questa mutazione è poi quello che provoca il cambiamento fenotipico del soggetto esaminato.  Nel caso appaia un nuovo allele mutato dominante o semidominante, non vi saranno problemi nell’individuare il soggetto mutante. Pur possedendo un solo allele mutato sarà possibile osservare l’effetto fenotipico sul soggetto interessato. Se la mutazione è invece recessiva, accade che il nuovo fattore mutato può non essere facilmente identificato. Il mutato é in questo caso un portatore (purtroppo per un fattore di cui non si conosce ancora nessun effetto fenotipico). Tuttavia nei portatori è talvolta possibile osservare una leggera differenza dell’espressione fenotipica dal tipo ancestrale, anche se in minima quantità. Accade quindi che uno di questi portatori si riproduce dando origine al 50% di portatori ed al 50% di soggetti assolutamente ancestrali. Successivamente e casualmente questi soggetti portatori possono accoppiarsi tra loro (difficile che compaia un’altra volta nello stesso ambiente la medesima mutazione) dando origine ad un 25% di soggetti mutati, ad un 50% di soggetti portatori e ad un 25% di soggetti ancestrali. L’allevatore si accorge solitamente della mutazione quando già questa è visibile esternamente e comunque tutto il processo è facilitato dal fatto che in un allevamento è più facile che soggetti portatori si incrocino dando origine ad un mutato. In parole povere se compare una mutazione, questa avrà maggiori probabilità di “propagarsi” nel patrimonio genetico dei soggetti in cattività rispetto a quelli presenti in natura dove anzi l’accoppiamento tra consanguinei tende ad essere evitato.  Un altro caso che trascuriamo, essendo un concetto molto intuitivo, è quello della mutazione sessolegata dominante che si comporta in modo analogo al dominante autosomico. Discorso differente invece per il sessolegato recessivo, essendo l’identificazione della mutazione di tipo intermedio tra una dominante autosomica ed una recessiva autosomica. In questo caso se è la femmina a subire la mutazione, sarà immediatamente osservabile una modificazione fenotipica del soggetto. Se è invece il maschio a subire la modificazione sarà invece da considerarsi come un portatore di tale mutazione. Tuttavia quando questo maschio avrà occasione di riprodursi genererà maschi che al 50% saranno portatori e 50% saranno ancestrali e femmine che al 50% saranno mutate e il 50% sanno ancestrali. La difficoltà nel riuscire a fissare la mutazione è dovuta nel capire che essa è già comparsa e, successivamente, a mantenerla e perpetuare questa mutazione nel tempo. Chissà quante mutazioni recessive autosomiche ci sono sfuggite perché rimaste in forma eterozigote e forse troppo “diluite” nell’immensa popolazione di uccelli domestici che noi deteniamo (così da rendere meno probabile l’incontro tra due individui portatori). Tutto questo dovrebbe chiarire le idee a molti allevatori e far capire che le mutazioni sono quanto di più naturale vi sia al mondo (purché non siano indotte con metodi strani e pericolosi). D’altra parte, credere che gli allevatori possano arrivare a plasmare con le proprie mani le specie viventi è a dir poco presuntuoso. In realtà l’uomo è soltanto capace (se escludiamo l’ingegneria genetica,) di selezionare e di mantenere alcune caratteristiche particolari che compaiono casualmente.

Organo riproduttore femminile: ovaio

Per quanto riguarda le cellule germinali femminili, esse sono presenti nell’ovaio, e sono denominate oogoni, che contengono un numero diploide di cromosomi (2N).
Dopo la proliferazione degli stessi, aumentano di dimensione e diventano oociti primari.
Una volta formati gli oociti primari, vanno incontro alla prima divisione mitotica, e si andrà a formare una cellula figlia (oocita secondario) e un globulo polare. Questo oocita secondario, nella seconda divisione mitotica si divide ulteriormente e va a formare infine, la cellula uovo matura e un altro globulo polare. Quindi la cellula uovo contiene un numero apolide di cromosomi, così come gli spermatozoi. Dunque, una volta terminato il periodo di produzione delle cellule germinali, andranno a “ricostruire” il numero diploide di cromosomi e quindi a formare lo zigote. Oltre alla cellula uovo vengono prodotti dei globuli polari, ovvero il mezzo tramite il quale la cellula è in grado di eliminare i residui cromosomici. A questo punto, mi sembra doveroso chiarire alcuni punti relativi al precedente paragrafo, di seguito esposti.

In tutti gli organismi le cellule vanno incontro a divisioni cellulari e possono essere di due tipi. Una divisione che interessa prettamente le cellule somatiche, viene chiamata divisione mitotica in quanto non interviene sulla riduzione del numero dei cromosomi, e da vita a 2 cellule figlie geneticamente uguali (cloni). L’altra divisione, ovvero la divisione meiotica, è caratteristica proprio dalle cellule implicate nella riproduzione, ovvero i gameti, che ripristineranno successivamente il numero diploide di cromosomi. Numero diploide significa: serie completa di cromosomi (es: nell’uomo sono presenti numero 46 e si indica in termini schematici con la sigla : 2N) Numero apolide di cromosomi significa: una sola serie di cromosomi (es: una sola serie di cromosomi nell’uomo è di numero 32 e viene indicato schematicamente con il simbolo: n).

Stessa cosa, vale anche per le femmine, così come succede per i maschi riguardo al loro mantenimento, nel periodo antistante il periodo degli accoppiamenti. Ovviamente le cose vanno affrontate con più attenzione, in quanto le femmine sono le depositarie di tutti i nostri sforzi, maggiormente dei maschi. Possiamo alloggiare le femmine in capaci gabbioni da 90 cm o 120 cm, direi a gruppetti di 5-6 femmine al massimo, favorendo così l´esercizio del volo e lo sviluppo dei muscoli pettorali, e anche l´accumulo di un discreto strato di adipe. Il più delle volte, questa scelta, viene effettuata dagli allevatori che decidono di posticipare la data della posa dei nidi.

L’alternativa è data nel mettere le femmine in gabbie singole e seguirle singolarmente, sia sotto il profilo alimentare che sotto il profilo etologico, fino al conseguimento del loro stato ottimale di forma, necessario per iniziare il periodo di riproduzione.

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